martedì 21 maggio 2019

Turismo “green” parte II

Altre riflessioni sull’argomento

Ciao ragazzi, proseguiamo oggi il capitolo precedente, Turismo “green”, che potete leggere qui: https://expresstour2.blogspot.com/2019/05/il-turismo-green.html
A completare l’articolo di ieri volevo segnalare un articolo inglese. Avrete sicuramente letto o visto le foto del Vallo di Adriano stuprato e distrutto da turisti scellerati. Ecco, l’articolo è di ieri: https://www.mirror.co.uk/news/uk-news/hadrians-wall-collapsing-under-weight-16172485
Proprio ciò a cui mi riferivo nella prima parte dell’articolo. Tutto per il “selfie perfetto”. Tutto per poter postare su Facebook o sugli altri social una foto “unica”, magari anche un po’ “fuorilegge”. E chi vive la quotidianità di Roma sa che anche nei maggiori attrattori turistici della città situazioni ben oltre la legalità ed il buonsenso sono la routine. Anche a costo di farsi male.

Ma oggi voglio soffermarmi su un altro articolo che ha catturato la mia attenzione, e che è stato lo spunto per scrivere: http://www.airportwatch.org.uk/2018/11/the-concept-of-flying-shame-is-growing-in-sweden-shame-if-you-fly-too-much-due-to-the-co2-emissions/ . Flying shame. Brevissimamente: sempre più persone, in Svezia, stanno evitando l’aereo come mezzo di trasporto perché inquinante, arrivando quasi a “vergognarsi” quando devono volare. Insomma, stanno cercando di eliminare qualsiasi forma di inquinamento dalle loro vite.

Che dire, mi sembra una posizione un pochino eccessiva, estremista. Però ci fa capire qualcosa: che cioè dobbiamo cambiare le nostre abitudini, anche in fatto di turismo. Certo abbandonare l’aereo per passare solo al treno è forse troppo, ma qualcosa nel nostro piccolo possiamo fare. Ancora nei periodi di “ponti” le autostrade sono intasate, tutti in macchina e via, si parte! O meglio ci si incolonna, parcheggiandosi di fatto in autostrada. Ma siamo sicuri che la macchina sia l’unico modo per raggiungere la nostra meta? Davvero non ci sono altri modi? O semplicemente amiamo la comodità? Sicuramente partire in macchina è comodo, nessun orario da rispettare, possibilità di portare bagagli senza problemi, magari tempi di percorrenza minori, ma soprattutto la possibilità di spostarsi dal luogo di villeggiatura con la massima facilità.

Tuttavia chiediamoci quanto la nostra macchina inquina. Chiediamoci quante emissioni nocive potremmo risparmiare utilizzando altri mezzi. Almeno quando ciò è possibile.

E per la nostra passeggiata domenicale? Quante volte vi è capitato di andare a fare una bella passeggiata in montagna, o in un sito archeologico, aria pulita. E poi centinai di macchine, quasi tutte con uno o due passeggeri. E tanti saluti all’aria pulita di montagna. Nessun mezzo pubblico arriva lì dove vogliamo andare?

Sta prendendo piede, proprio per ovviare a questi problemi di mobilità (diciamocelo, alcuni luoghi sono serviti in maniera pessima dai mezzi pubblici normalmente, figuriamoci di domenica…), il fenomeno del car sharing, cioè della condivisione della vettura. Una cosa fantastica. Si abbattono le emissioni, visto che un numero estremamente infinito di macchine circolano, ma questo fenomeno ha un altro aspetto positivo, meno “materiale”: fa allacciare rapporti interpersonali. Spesso ce ne dimentichiamo, ma turismo significa anche questo, conoscere persone nuove, stringere nuove amicizie. Condividere una macchina ha quindi anche questo vantaggio: farci incontrare compagni nuovi. Qualcosa che negli anni si è perso, e magari in questo mondo in cui siamo tutti connessi (e sempre più soli in realtà) fare due chiacchiere “live” potrebbe non essere una cattiva idea.

Gli amici dell’Ass. culturale Itinarrando (https://www.facebook.com/assculturaleitinarrando/ ) stanno puntando molto sul car sharing, ad ogni iniziativa propongono questa soluzione, ed i risultati si vedono. Moltissimi soci ne usufruiscono, e l’ambiente ringrazia. Esempio virtuoso da copiare.

Turismo “green” non significa solo non sporcare, non sprecare, non distruggere. Significa anche progettare il viaggio pensando al minor impatto possibile sul territorio, sulla natura. Quando iniziamo a pensare al nostro prossimo viaggio valutiamo diverse opzioni, non fermiamoci al “vado in macchina”. Anche perché questa simbiosi mutualistica con la macchina ci ha fatto perdere un altro aspetto fondamentale del viaggio: il camminare.

Nel percorso stradale perdiamo una serie di piccoli dettagli, odori, paesaggi, fiori. Provate a fare una passeggiata lungo un percorso che abitualmente fate in macchina: vi accorgerete di tantissime cose che non avevate mai notato prima. A maggior ragione, siete in vacanza, a visitare un posto da sogno: davvero volete perdere la possibilità di una scoperta a 360 gradi?

Si parla in questo periodo (soprattutto ora in campagna elettorale) di “turismo sostenibile”. Ottimo, benissimo. Problema: come raggiungere determinati luoghi senza alcun trasporto pubblico o soluzioni turistiche? A piedi? Sarebbe bello, ma purtroppo non tutto è raggiungibile semplicemente camminando, spesso anche a causa di tempistiche ridotte.

Uno dei passaggi di progettazione di valorizzazione del territorio dovrebbe proprio essere pensare alla mobilità. Peccato che di solito tale passaggio venga “dimenticato”. Alcuni progetti sono magari magnifici, ma poi i visitatori si contano sulla punta delle dita. E questo è sicuramente uno dei fattori che portano al fallimento di molti progetti. Cattedrale nel deserto rende bene l’idea.

Impensabile d’altro canto immaginare che tutti i visitatori arriveranno in automobile: se si sta sviluppando il flying shame, chissà cosa succederà alle macchine. Anche perché vi immaginate un borgo invaso dalle macchine dei turisti? Oppure un sito archeologico assediato dai parcheggi?

Ecco, la prossima volta che qualcuno vi espone un progetto di valorizzazione di un sito, di un territorio, fategliela la domanda: - Sì ma… come ci si arriva? -

Ho dato alcuni spunti di riflessione, davvero soltanto spunti. Come sempre lo scopo di questi articoli è farvi sorgere domande e dubbi, spero di esserci riuscito!
E voi? Cosa ne pensate? Preferite viaggiare in macchina o con i mezzi? Fatemelo sapere, lasciate un commento (anche per dirmi se l’articolo vi è piaciuto), condividete e magari datemi spunti su cui ragionare insieme! Che la "rivoluzione turistica" abbia inizio!
Grazie all'amico Alex Vigliani per la bellissima foto a Roccasecca (FR)!
Alla prossima!


lunedì 20 maggio 2019

Il turismo "green"


Turismo e salvaguardia ambientale


Ciao ragazzi, oggi è la Giornata Mondiale delle api (se volete notizie in più sulle api e su questo appuntamento: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Giornata-mondiale-delle-api-La-nostra-vita-dipende-da-loro-proteggiamole-2d50b959-8619-4c75-922e-a413cc5131b5.html?fbclid=IwAR2Wc2gxq9dGkuq_cCDIdHSLck6uR6-ohupxaoogF6J9cI_5xkeceC40U50#foto-1) e rimanendo in tema “green” volevo affrontare una tematica “turistica” sensu lato, cioè la connessione tra turismo e salvaguardia ambientale. Negli ultimi mesi sempre più persone sono state sensibilizzate sulle tematiche ambientali, anche grazie all’apporto della piccola Greta. Manifestazioni in tutto il mondo hanno fatto aprire gli occhi a molte persone sui rischi che il nostro pianeta corre, e ciò è un bene. Non mi soffermerò sulle polemiche che sono divampate in giro per il mondo, sulla piccola, sul suo libro, sui suoi sostenitori. Dirò solo: meglio tardi che mai. Finalmente una parte della popolazione terrestre sembra aver preso coscienza di un problema che potrebbe essere fatale al genere umano.

Piccolo excursus. I cambiamenti climatici e l’inquinamento possono davvero provocare la fine del genere umano, o quantomeno del mondo come lo conosciamo. Studi recenti hanno addirittura ipotizzato che i cambiamenti politici, le migrazioni e le carestie che hanno portato al collasso dell’impero romano di Occidente tra la fine del IV ed il V secolo siano dovute proprio a cambiamenti climatici su scala globale, e pare certo che la crisi del III secolo che ha sconvolto l’impero portando carestie ed epidemie non fossero altro che i risultati di un cambiamento climatico. Per non parlare delle grandi estinzioni che hanno cambiato il volto della terra durante l’arco della sua vita: in alcuni casi sono scomparsi fino al 95% delle specie che popolavano il globo. La colpa? Indovinate un po’. Sì, proprio del clima.

Capiamo immediatamente quindi che la situazione è grave. L’uomo ha distrutto e continua a distruggere l’ambiente. Lo modifica, lo sfrutta. Fino al punto di non ritorno. E, di solito, si accorge dei danni fatti quando ormai è troppo tardi.

Cosa c’entra questa predica ambientalista con il turismo, vi starete chiedendo. In realtà turismo e ambientalismo sono strettamente collegate. Il primo collegamento è tra il bene culturale (turistico) e l’ambiente\ecosistema. Un esempio. Potremmo dire che un bene culturale è come un bel bosco. Una risorsa. Il bosco può essere sfruttato, tagliato, utilizzato per trekking, camping, caccia, pesca, raccolta, “braciata” con gli amici. Stessa cosa il bene culturale: valorizzato, visitato, modificato, utilizzato per manifestazioni, eventi, mostre, sagre. Fino al punto di rottura. Fino a quando gli alberi tagliati sono più di quelli che ricrescono. Fino a quando i visitatori non superano il numero che il bene può sopportare. Fino a quando la sporcizia, il degrado e l’immondizia prendono il sopravvento.

Perché il bosco di cui sopra è un bene culturale a tutti gli effetti.

E i beni archeologici? Non sono anch’essi come quel bosco? Se in un bene archeologico, un museo, un sito, vengono stipati milioni di persone, non è forse come tagliare selvaggiamente quel bosco? Iniziamo quindi a pensare il bene storico, artistico, archeologico, come un ambiente naturale, e chiediamoci se lo stiamo sfruttando in maniera corretta oppure no.

Altro punto di incontro tra turismo e ambientalismo: produrre spazzatura. Il bene culturale è esattamente come un bosco: un luogo da tutelare dalla sporcizia. Sembra quasi stupido ricordarlo, e un po’ crea anche disagio dover ricordare alle persone di non gettare nulla per terra. Ma purtroppo (chi fa la guida turistica lo sa) capita anche questo: dover dire – Non gettate cartacce, non lasciate plastica, raccogliete l’immondizia. - Fa quasi sorridere, lo so. Ma è la realtà. Il turista spesso perde qualsiasi freno inibitore (e non a causa dell’alcool), e si comporta in maniera totalmente diversa da come si comporterebbe “a casa sua”. Studi psicologici associano questo cambiamento anche alla voglia di scaricare lo stress, di staccare la spina per intenderci, facendo e comportandosi in maniera opposta all’ordinario, rompendo le regole e le “catene” che in qualche modo imprigionano il nostro essere. Mi sembra giusto: quindi la prossima volta che andiamo in vacanza ricordiamoci di dare fuoco ad una macchina, tanto per sfogare lo stress e la frustrazione di una vita monotona.

Proprio questa giustificazione psicologia fornisce al subconscio del turista la scusante a comportamenti sbagliati, se non del tutto fuorilegge. Dal canto mio inasprirei le sanzioni fino all’espulsione dal paese per comportamenti del genere. Altro che sfogare lo stress. Andate in una spa.

E torniamo quindi al problema: esattamente come un bosco ipersfruttato da un turismo senza regole che produce spazzatura e lo danneggia irreversibilmente, lo stesso accade per le altre tipologie di beni. Abbandonare un fazzoletto, una cartaccia, un pezzetto di plastica “uccide” il bene. Un sito pieno di immondizia infatti farà una brutta impressione al turista, che quindi scriverà una pessima recensione, che sarà letta da chi era interessato a visitarlo, che quindi non andrà, che quindi non pagherà il biglietto di ingresso, che quindi non fornirà risorse al bene per mantenersi, che quindi collasserà senza un budget minimo disponibile e sarà chiuso. Ed ecco che il bene è stato ucciso. E proprio come in un ecosistema, saltando un pezzo del puzzle salta tutto: se il bene non è visitato la guida turistica non lavora, e di conseguenza non paga le tasse e non spende (con tutti i risvolti negativi sull’economia), non lavorano le strutture ricettive della zona, non lavorano i custodi, gli addetti alla manutenzione e così via. Il tutto per la cartaccia che dicevamo sopra.

Essere ambientalisti ha un costo minore che non esserlo, ricordiamocelo. E non solo economico.

Essere ambientalisti non significa solo scendere in piazza e manifestare, fare gesti eclatanti, diventare vegani o cose simili. Comportiamoci da ambientalisti nei piccoli gesti quotidiani. Cosa ci costa portarci la borraccia quando andiamo a fare una passeggiata, invece di comprare decine di bottigliette di acqua di plastica durante il percorso? Esempio stupido lo so, di sicuro tutti coloro che mi seguono e leggono già lo fanno. Ma è proprio da questi esempi stupidi che comincia la rivoluzione: dai piccoli gesti. E proprio da questi piccoli gesti nasce la rivoluzione turistica: sfruttiamo il patrimonio culturale in maniera corretta, non uccidiamolo. La prossima volta che organizzerete una passeggiata, una gita, una vacanza, riflettete su ciò che state pianificando.

Curiamo i siti archeologici, i musei, i borghi esattamente come faremmo con un bosco: una volta sfinito e distrutto, il bosco non esiste più.



E voi, cosa ne pensate? Come vi comportate durante una passeggiata o vacanza? Vi è mai capitato di assistere a comportamenti non appropriati? Fatemelo sapere, lasciate un commento e condividete, iniziamo questa “rivoluzione turistica”!
Alla prossima!

lunedì 13 maggio 2019

Una passeggiata tra tremila anni di storia: dal monte Asprano a Castrum Coeli


Storia, natura, archeologia e misticismo si fondono in un unico spettacolo

Ciao ragazzi, oggi parleremo di uno dei luoghi più suggestivi del frusinate, il Monte Asprano. Lo ho definito luogo, ma il termine è inesatto: la bellezza e l’unicità di questa collina deriva dall’unione di più luoghi diversi. Ma andiamo con ordine. Il massiccio è suddiviso tra tre comuni, Roccasecca, Colle San Magno e Castrocielo. Una rete di sentieri tutto sommato abbastanza ben tenuti permettono di andare alla scoperta di una serie di piccole perle, e, percorrendo “l’anello” che gira intorno alla collina, si attraversano diversi borghi.

Oggi volevo parlare proprio del percorso, non soffermandomi molto sulla storia e la descrizione del luoghi, ma lanciandovi solo qualche “frecciatina” che spero vi faccia incuriosire! Di qualche luogo ne abbiamo già parlato, altri li affronteremo successivamente.

Arrivando a Roccasecca, frazione Castello, abbiamo subito il primo incontro ravvicinato del quarto tipo con la storia incredibile del territorio: troviamo qui infatti i resti del Castello dei Conti d’Aquino, la famiglia di San Tommaso d’Aquino, uno dei più importanti dottori (e santi) della chiesa Cattolica. Due passi nel borgo sono d’obbligo, tra le viuzze, gli archi a sesto acuto che ogni tanto fanno capolino sui muri delle abitazioni, tra i cancelli, fino ad arrivare alle mura trecentesche con le porte, le torri, le feritoie. Giungiamo in breve alla chiesa di San Tommaso, in posizione eccezionale, prima chiesa al mondo dedicata al Santo, pochissimi anni dopo la sua morte e canonizzazione. All’interno della chiesa alcuni affreschi altomedievali di incredibile valore, staccati da una chiesetta benedettina che sorgeva in località San Pietro e Campea, ormai perduta. Fortunatamente gli affreschi sono stati salvati, e costituiscono un patrimonio importantissimo.


Una prima tappa davvero intensa! Riprendendo il cammino, al di fuori delle mura, imbocchiamo un sentiero (con una pendenza iniziale abbastanza impegnativa a dire il vero!) che ci porta alla cosiddetta “Torre Cannone”, una torre (restaurata) di forma cilindrica, ubicata all’altezza della parte centrale del castello, di cui si ammirano i resti da posizione privilegiata, con, sullo sfondo, la valle del Liri (vedi foto a lato). Sulla destra lo sbocco della valle del Melfa e Roccasecca, di fronte il castello, a sinistra la valle del Liri con vista mozzafiato, alle nostre spalle Castrum Coeli, monte Cairo e Colle San Magno.

Proseguiamo il percorso tra una natura lussureggiante, completamente immersi nella vegetazione, e dopo una ventina di minuti intravediamo alcune case: è il borgo di Cantalupo, una delle frazioni di Colle San Magno, anzi per essere precisi la frazione più antica di Colle San Magno. Si attraversa il borgo, godendosi l’aria di altri tempi che vi si respira e gli scorci da cartolina, in cui il tempo sembra essersi fermato. Usciti da Cantalupo abbiamo sulla sinistra il centro storico del “Colle”, da cui il nome moderno del Comune. Una passeggiata tra le sue stradine è d’obbligo, arrivando all’altro capo del borgo ad una piazzetta su cui spicca la torre quadrata che difendeva il perimetro murario.


Tornando sul percorso, inizia la salita verso la sommità di Castrum Coeli, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo. Si sale, ma usiamo il sentiero antico, non la brecciata moderna. Entreremo nelle mura dell’abbandonato borgo di Castrum Coeli, di cui potremo ammirare le rovine, i resti delle abitazioni, del castello, delle difese, fino a giungere alla chiesa dedicata a Santa Maria Assunta in Cielo. Il panorama è semplicemente mozzafiato. Si domina tutta la valle, di fronte a noi i monti Aurunci, e, sorpresa sorpresa, al termine meridionale degli Aurunci, appare la linea di costa, il mare e… Ischia! Già solo questo panorama vale la passeggiata! E se siete amanti della storia, non potete non ammirare alcuni resti delle mura in opera poligonale (le famose mura megalitiche o ciclopiche), di epoca preromana, che ancora sono visibili!


Iniziamo la discesa lungo il percorso che segue la statua della Madonna proveniente da Castrocielo il Lunedì in Albis durante la processione alla chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo, nei pressi della quale si incontra con la statua proveniente da Colle San Magno, a ricordare l’antichissima origine comune dei due centri, quello stesso borgo di Castrum Coeli che abbiamo appena salutato.

Il sentiero è davvero piacevole, la discesa non particolarmente faticosa, arrivando infine al borgo di Castrocielo. Ci godiamo una altro centro storico, ma qui una sosta al museo situato nella sede municipale è d’obbligo: museo piccolino, ma in cui sono conservate cose incredibili. Alcune tombe Sidicine rinvenute durante gli scavi coordinati dalla Soprintendenza Archeologica sono state smontate e ricostruite nel museo, con i resti dei defunti, i corredi funebri, le decorazioni architettoniche, le casse in legno! Oggetti di valore inestimabile, che difficilmente vedrete altrove, anche perché trovare una tomba principesca di un membro di questo popolo, i Sidicini, che in epoca preromana si estendeva da Teanum Sidicinum (Teano) a Castrocielo, non è affatto semplice! Altro oggetto incredibile, una piccola tavoletta in piombo di epoca romana, su cui è stata incisa una maledizione! Una vera e propria “fattura” antica, un reperto quasi unico (se ne contano pochissime in tutto il mondo) e, molto divertente! Sono poi particolarmente legato a questo reperto perché questa è la prima iscrizione che ho studiato e pubblicato insieme alla Dottoressa Giovanna Rita Bellini della Soprintendenza Archeologica del Lazio, pubblicazione di cui vado estremamente fiero!
Per alcune foto del museo visitate il sito https://www.visitcastrocielo.it/localita-museo-archeologico

Torniamo poi sul percorso, e da qui in poi dobbiamo proseguire sulla via asfaltata, tra uliveti ed orti, fino ad arrivare ad un altro piccolo borgo (il quinto dell’Anello!), Caprile. Anch’esso dalla storia antichissima, merita una sosta per svariati motivi. Il primo è la bellezza in sé del borgo, con i passaggi dei vicoli coperti ancora con le travi a vista in legno, le abitazioni antichissime. Il secondo motivo è la visita alla chiesa di Santa Maria delle Grazie. Non mi soffermo sulla storia e l’architettura della chiesa (assolutamente da non perdere), ma volevo fare solo un cenno ad alcuni affreschi conservati in essa: del periodo medievale, uno in particolare attira l’attenzione, in quanto rappresenta (si legge perfettamente, anche se frammentario) la Crocifissione, ma con elementi di estremo interesse. Gesù appare infatti completamente vestito, il soldato è rappresentato con una fune, quasi a tirar su con una carrucola il corpo di Gesù, ma soprattutto calza un paio di ciocie! Una cosa davvero incredibile!

Dal borgo di Caprile facciamo una deviazione per raggiungere il cosiddetto Eremo di San Michele, cioè la chiesetta rupestre di Sant’Angelo in Asprano. Il nome deriva da un affresco quattrocentesco all’ingresso che rappresenta proprio San Michele. Interessanti anche in questo caso gli affreschi, i più “recenti” del XV secolo, mentre appaiono, a tratti, resti di affreschi molto più antichi, del periodo altomedievale. Assolutamente da non perdere. Anche per il luogo, estremamente affascinante: subito sotto una parete calcarea a strapiombo, sollevando gli occhi ed osservando attentamente la parete ci accorgiamo di essere esattamente sotto il castello di Roccasecca, il castello dei conti di Aquino!


Una volta tornati al borgo di Caprile, riprendiamo il percorso che dopo pochi minuti ci conduce di nuovo alla frazione Castello di Roccasecca. Salendo le scalinate interne del borgo quindi terminiamo il nostro anello, dopo aver visitato cinque borghi, tre comuni, paesaggi naturali molto differenti, due castelli, un museo, una chiesetta rupestre, due chiese, ed aver ammirato resti che coprono quasi tremila anni di storia!


Allora, vi è venuta un po’ di curiosità?
Spero che l’articolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere cosa ne pensate, lasciate un commento, e magari pensate ad una passeggiata fuori porta!
Alla prossima!


venerdì 3 maggio 2019

Gratuito: una parola che fa male

Gratis non è bello
Ciao ragazzi, ultimamente una tematica legata al turismo mi sta facendo riflettere molto, e sono certo che anche in molti di voi il dubbio sta crescendo. Leggo sempre più spesso, specialmente sui canali social, di associazioni, cooperative, enti, parchi che, in pompa magna, annunciano aperture speciali, visite guidate, accessi straordinari a monumenti spesso non accessibili, oppure a luoghi non proprio inseriti in circuiti turistici. Bene, anzi, benissimo. Però. Perché c’è un però.

Il però, grande come una casa, è una parolina che si trova regolarmente sulle locandine: GRATUITO. Ecco il però. Questo gratuito mi lascia quantomeno perplesso: ottimo per alcuni luoghi, una sorta di “offerta lancio” per pubblicizzare il luogo, oppure evento speciale a libero ingresso da svolgere una tantum per la promozione del bene, e fin qui nulla di strano. Anzi. Il marketing in fin dei conti funziona così.

Ma siamo sicuri che pubblicizzare eventi “comuni”, in date non festive, completamente gratuiti, sia un bene? Mi spiego meglio tramite esempi. Il mio ragionamento parte dalla Ciociaria, ricca di borghi e monumenti spesso non inseriti in alcun circuito turistico. Terra ricca anche di professionisti del settore, archeologi, storici dell’arte, guide turistiche. Professionisti che spesso, come il sottoscritto, cercano di presentare e far conoscere i luoghi con passione, dedizione e preparazione. E chiaramente a pagamento. Sì, perché la guida turistica è una persona che, dopo anni di studio, vive del suo lavoro, e quindi si paga. Strano vero?

Ecco, queste guide turistiche (ABILITATE, non dimentichiamolo) propongono itinerari e guidano persone alla scoperta del territorio tra mille difficoltà, non sempre superabili poi. Mettono a disposizione del visitatore la loro professionalità. E poi… E poi leggo che X propone visite guidate gratuite nel luogo Y.

Di solito la prima domanda che mi viene in mente è: visita guidata, chi sarà il professionista che svolge tale visita? Risposta, nel 99% dei casi: nessuno, un semplice appassionato. Ecco, proprio qui sta il problema. Sarò ripetitivo, ma repetita iuvant: andreste mai per un mal di denti da un avvocato? Oppure vi fareste mai rappresentare durante un processo da un cardiochirurgo? E allora perché lo stesso non dovrebbe valere per questa professione?

Purtroppo poi il risultato è scontato, e le recensioni di chi partecipa a queste manifestazioni sono pessime. Di soli pochi giorni fa la testimonianza di una coppia che ha partecipato ad uno di questi eventi (non farò nomi). La loro esperienza è stata terribile, non hanno capito nulla di ciò che la sedicente guida diceva, hanno fatto una confusione incredibile, da dimenticare in toto, concludendo che se avessero letto quattro righe su Wikipedia avrebbero avuto una esperienza migliore. Una pugnalata per me. Risultato: questa coppia non vuole più provare una esperienza del genere, ha fatto una pubblicità pessima a questi luoghi ed alla gestione del turismo, e nel caso in cui si dovessero trovare di nuovo qui utilizzerebbero Wikipedia, non fidandosi delle “guide”. Forse un po’ eccessivo. Forse. Ed è solo l’ultima di una lunga serie di lamentele di cui sono a conoscenza, condite sempre da un “ma perché non chiamano voi che lo fate di mestiere?”

La risposta è semplice: perché noi costiamo. E per fare la “visita guidata” gratuita ciò non è accettabile.

Sento ormai dappertutto associazioni varie, enti, politici e via dicendo riempirsi la bocca di parole come turismo sostenibile, green, turismo lento, di temi come “dobbiamo puntare sullo sviluppo turistico e del patrimonio culturale” eccetera eccetera. Benissimo. Ma cosa si fa poi in pratica? La giornata gratuita? Meglio non fare nulla. Continuate a fare ciò che avete sempre fatto, cioè niente: almeno non fate danni.

Tralasciando il fatto che siamo, un po’ dappertutto, in piena campagna elettorale.

Sì, perché di danni stiamo parlando. Danni economici e di immagine. Il visitatore rimane praticamente sempre scontento di tali manifestazioni, e la pubblicità che farà del territorio e del turismo sarà pessima, vanificando, se non distruggendo, il lavoro che professionisti tentano di portare avanti. Basta poco per annientare quel che faticosamente si è costruito nel tempo. Voi non sareste più contenti di spendere anche solo un paio di euro per avere un servizio di cui essere contenti, piuttosto che fare un qualcosa gratis ma che vi lascia scontenti? Meglio una manifestazione organizzata oppure qualcosa che è gratis ma durante la quale è tutto lasciato al caso? Si possono evitare problemi? Sì, sicuramente. Il professionista lo sa, e sa come prevederli e risolverli.

E poi, che figura si fa di fronte al visitatore che si imbatte in situazioni paradossali? Immaginate una passeggiata in un borgo arroccato su una collina, in cui si cammina su superfici sconnesse e per chilometri, e l’organizzazione “dimentica” di avvertire i partecipanti di munirsi di scarpe da trekking e che il percorso non è adatto a persone con problemi motori: si presenta la coppia di anziani che sul posto scoprono che non possono fare la “visita guidata”. Mettetevi nei loro panni. Ma tanto è gratis.

Altro danno, quello economico. Il giorno in cui si svolge l’evento gratuito una guida turistica ABILITATA perde una giornata lavorativa. Chi possiede una partita IVA sa cosa significa. Per non parlare dei “danni collaterali”: la coppia di cui sopra magari tornerà in Ciociaria, magari con degli amici, avrebbero chiamato una guida, che quindi avrebbe guadagnato un’altra giornata di lavoro. Invece oltre al danno, la beffa: ha perso la prima giornata perché gratuita, e la possibile seconda, o terza o quarta, a causa dell’incompetenza altrui.

La “visita guidata” gratuita poi pone un altro problema: rende la guida turistica, o l’associazione\ente\cooperativa che “si fa pagare” completamente fuori mercato: perché fare una visita con chi ti fa pagare quando puoi fare una cosa molto simile aggratis? Eticamente la cosa è aberrante.

E per favore, smettiamola con la frase populista “lo facciamo per aiutare coloro che non possono permetterselo” perché è una balla colossale. Spendere l’equivalente di un pacchetto di sigarette o di una birra al pub per la cultura non mi sembra un’eresia. Per i casi di indigenza ci sarebbero molti modi diversi per aiutare queste persone, ma offrire loro servizi scadenti (per non dire inesistenti) è una presa in giro.

Il visitatore vuole servizi, vuole stare bene, senza problemi, vuole divertirsi per poi tornare a vivere un’altra avventura. Non ha bisogno di improvvisati. Il nostro territorio non ne ha bisogno. La crescita del turismo passa anche da questo. Fino a quando questa cultura non sarà sradicata, rassegnamoci ad un turismo su cui “si deve puntare” ma che non decollerà mai. Un gioco, nulla di più.

Con questo articolo sicuramente mi attirerò le ire di molti, critiche e quant’altro. Di sicuro ha delle lacune, è un articolo scritto di getto. La mia speranza però è, come per tutti i miei articoli, di far sorgere dubbi e riflessioni, magari anche sbagliando con le mie idee. Ho voluto far sentire la voce di una guida, che si oppone ai messaggi trionfalistici di chi vede il turismo come un giocattolino e che pensa “tanto che ci vuole”, e ringrazio di cuore tutti coloro che (associazioni culturali, enti pubblici, semplici visitatori) scelgono di affidarsi a noi professionisti. Grazie a tutti voi.

Grazie ad Alex Vigliani (https://www.facebook.com/alex.vigliani) per la foto!

Fatemi sapere cosa ne pensate, se siete d’accordo o meno, lasciate un like e condividete.

A presto!

Esperia: alla ricerca dei dinosauri

La Jurassic Park dei monti Aurunci


Ciao ragazzi, qualche giorno fa abbiamo visitato con i soci dell’associazione Itinarrando (https://www.facebook.com/assculturaleitinarrando/) le bellezze di Esperia (FR). Un luogo tra le colline dei monti Aurunci, immerso nel verde, che racchiude dei luoghi di interesse incredibile.

Raccontando la storia di questo luogo abbiamo attraversato le ere geologiche e coperto una storia di milioni di anni, per la precisione circa 120 milioni di anni! Sì, perché la storia più antica da raccontare qui ad Esperia risale a proprio a circa 120 milioni di anni fa.

Ma cosa succedeva sulla Terra in quel periodo? Il globo era dominato dai dinosauri, di acqua, terra ed aria. Erano loro i padroni incontrastati del nostro pianeta. E qui ad Esperia è stata trovata traccia proprio di questi animali, tanto distanti cronologicamente da noi quanto vivi nel nostro immaginario.

Su una parete rocciosa infatti qualche anno fa è stato avvistato qualcosa di strano: degli avvallamenti nel manto roccioso dalle forme e dimensioni disparate, qualcosa insomma di un po’ strano. Grazie agli studi dell’Università la Sapienza di Roma sono state riconosciute come impronte lasciate da dinosauri! Una vera e propria “passeggiata” degna della migliore sceneggiatura di Spielberg, e la più antica del Lazio!

Avete visto il film Jurassic Park? Ricordate la scena in cui enormi dinosauri erbivori passeggiano in mandrie gigantesche brucando, con i piccoli Velociraptor carnivori che si aggirano nelle vicinanze? Ecco, ad Esperia questa scena la possiamo vivere in prima persona! Le impronte lasciate sono proprio quelle di erbivori e carnivori, forme ellittiche e subcircolari riconducibili a sauropodi e forme più triangolari riferibili a teropodi, in cui si riconoscono ancora gli artigli e le dita! Una cosa incredibile, ed il film ci aiuta davvero ad immaginare cosa è successo proprio lì così tanti milioni di anni fa.

Con un salto in avanti di parecchi milioni di anni siamo arrivati al medioevo, alla fondazione del castello chiamato Roccaguglielma dal nome del suo fondatore, Guglielmo di Blosseville, che nel 1103 fonda questa imponente struttura, che ancora oggi, anche se modificata più e più volte, è adagiata sulla sommità del monte Cecubo, a difesa del paese.

Ancora ben visibile molte strutture del castello, ci fanno immergere in una ambientazione animata da dame e cavalieri, in un luogo da cui si domina un paesaggio incredibile, dagli appennini alle verdi colline aurunche, da Montecassino alla piana del Liri. Un luogo davvero mozzafiato, che in primavera, tra fiori, profumi e sole tiepido ci fa vivere una esperienza magnifica.

Altro salto nel tempo e ci spostiamo alla Seconda Guerra Mondiale. Esperia è sulla linea Gustav, difesa strenuamente delle truppe tedesche contro l’esercito alleato, in questo caso truppe francesi. Ma Esperia è, purtroppo, più colpita da coloro che dovevano liberarli, che da coloro che la opprimevano: a maggio, proprio qui, viene sfondato il fronte, i tedeschi battono in ritirata dopo mesi di feroci battaglie ed inizia la tragedia. Le truppe francesi provenienti dal nord Africa si danno alla pazza gioia: furti, stupri, omicidi; Esperia (ma anche molti altri paesi) vengono trattati come “prede di guerra”, in cui tutto era lecito. In poche ore centinaia di stupri e violenze fisiche, unite a decine di omicidi terrorizzano la popolazione civile. Ancora oggi la storia di ciò che accadde in quei terribili giorni resta oscura, come anche il numero delle vittime. Omicidi, sevizie, stupri sono conosciuti come “marocchinate”, denunciate e divenute famose agli occhi del mondo grazie al film “La Ciociara” di Vittorio de Sica.

Una visita guidata molto interessante, con un gruppo che, come sempre, si dimostra attento e piacevole, insomma fantastico! Una giornata stupenda, all’insegna dell’allegria in un luogo poco conosciuto, ma che di sicuro merita una visita.

Vi è venuta un po’ di curiosità? Se cercate altre notizie su Esperia non esitate a contattarmi, o a visitare il sito ufficiale del Comune di Esperia http://www.comune.esperia.fr.it/manifestazioni/manifestazioni_action.php?ACTION=uno

Fatemi sapere se l’articolo vi è piaciuto, lasciate un commento o descrivete la vostra esperienza!
A presto!

sabato 13 aprile 2019

Orte: una domenica da leoni

Novità nella proposta turistica. Qualche differenza con la Ciociaria.


Ciao ragazzi, oggi torniamo a parlare di Orte (VT) per segnalarvi una bellissima manifestazioneche interesserà domani, domenica 14 aprile, il territorio comunale.

Domani infatti verrà inaugurata la rete di sentieri di trekking di Orte. Una rete che permetterà di visitare luoghi molto interessanti sia dal punto di vista storico che naturalistico, per scoprire luoghi estremamente affascinanti. Ma l’offerta turistica del piccolo comune della valle Tiberina non si esaurisce qui: solo una settimana fa infatti è stata inaugurata una nuova tappa del percorso della Orte Sotterranea, il Ninfeo rupestre.

Ma oggi non voglio soffermarmi sulla descrizione del luogo e sulla proposta turistica. Tutte le informazioni potete trovarle infatti alle pagine ufficiali: https://www.facebook.com/visitorteturismo/?epa=SEARCH_BOX

Voglio invece fare una riflessione proprio sulla proposta turistica ortana. Un vero esempio di creazione di un circuito turistico “virtuoso”. Nel giro di pochi anni infatti la realtà culturale locale ha dato vita ad un sistema di valorizzazione sorprendente. Parliamo di un piccolo borgo che non raggiunge le 10000 anime.

Cosa rende il panorama culturale del paese così vivo? La volontà di puntare su un turismo di nicchia, la volontà di far conoscere il territorio, la volontà di recuperare e preservare le bellezze ortane, insomma l’amore per il territorio.

Pensare che nel giro di pochi anni il turismo è cresciuto in maniera esponenziale è qualcosa di incredibile. Un paese così piccolo può vantare diversi musei, un borgo tutto da scoprire e ben tenuto, una rete di cunicoli sotterranei da far invidia a tutti, e da domani una rete di percorsi di trekking. Come è stato possibile? Grazie a diverse associazioni locali, ma anche a molti professionisti che hanno studiato (e continuano a farlo) in maniera scientifica (insomma non “studiosi” improvvisati), pubblicato i risultati, e lavorato duramente affinché la conoscenza di Orte non sia solo qualcosa di astratto, chiuso in “convegni” di valore tutto da verificare, ma sia qualcosa di vivo, di spendibile turisticamente, un modo per far conoscere questa terra.

Progetti su progetti, duro lavoro, passione. Questi sono alcune delle caratteristiche del turismo ortano. E le amministrazioni? Anche loro hanno di certo fatto la loro parte. Quando si dice remare tutti nella stessa direzione.

Di sicuro tutto è perfettibile, di strada da fare ancora ce n’è tanta ed i problemi non mancano. Ma da qualche parte bisogna anche iniziare. E qui hanno iniziato alla grande. Vivendo ad Orte ho apprezzato particolarmente la volontà collettiva (con alcune eccezioni, sia chiaro) di sensibilizzare, conoscere e valorizzare il patrimonio locale. Volontà che è comune a giovani, adulti, meno giovani. Insomma davvero radicata. Un amore per il territorio quasi incondizionato. Un amore che porta ad un successo delle manifestazioni che ha quasi del miracoloso.

Ed in Ciociaria? Da buon ciociaro, amante della mia terra e fiero delle mie origini non posso non fare un paragone con la situazione della nostra amata Ciociaria. Ed il paragone è desolante. Purtroppo.

Desolante perché ho in prima persona “assaporato” la differenza. Differenza di gestione ad esempio: mi piange il cuore al pensiero di tutti quei gioielli ciociari (siti archeologici, naturalistici, musei, rovine varie) abbandonati a loro stessi, non fruibili, totalmente dimenticati, quasi un peso per le cittadinanze e le amministrazioni. Con le dovute eccezioni, sia chiaro. Penso ad esempio a molti luoghi che dire abbandonati è dire poco. Zero programmazione, zero progettualità, zero volontà vera di recupero e valorizzazione. Nessun piano strategico, si vivacchia alla giornata. L’importante è organizzare la sagra di turno, basta che si mangi, oppure le attività estive che popolano, anche in maniera kitsch, i borghi ciociari nelle serate estive. Ma cosa si fa a livello culturale? Poco, pochissimo, per non dire nulla. E troppo spesso quando qualcosa si fa, lo si fa in maniera sbagliata, spesso affidandosi alle figure professionali sbagliate.

Colpa delle amministrazioni? Ni. Non solo almeno. Se ai piani alti infatti l’incompetenza a volte la fa da padrona e la progettualità a medio-lungo termine è praticamente sconosciuta, non è che ai “piani bassi” le cose vadano meglio. Le cittadinanze sono spessissimo totalmente disinteressate a ciò che riguarda la cultura, o meglio si lasciano trasportare dalla moda del momento. E quindi tutti in massa ad una esposizione temporanea “di moda”, organizzata come un evento estemporaneo che può attirare un po’ di gente per una domenica, ma senza un progetto più ampio. Anche perché diciamocelo, organizzare e vivere una esperienza in un sito archeologico ad esempio è una palla. Meglio andare al mare, o al bar a fare un aperitivo, o in discoteca.

Esiste poi un altro problema, tipicamente ciociaro: io so farlo meglio. Qualsiasi cosa si faccia, la maggior parte delle persone saranno lì a trovare mille difetti, non parteciperanno per partito preso, sparando a zero. Tutti sapremmo fare meglio, e allora perché non ci attiviamo? Perché non mettiamo a disposizione le nostre conoscenze per migliorare? Senza contare i vari “dispettucci” politico-personali che continuano ad avvenire normalmente: quella cosa l’ha organizzata tizio, quindi col cavolo che ci vado. Boicottaggio. Anzi se si può facciamo una cosa molto simile, gli cambiamo nome e e la facciamo meglio (che poi di solito si tramutano tutte in un fallimento o uno schifo unico senza né capo né coda).

E poi, hanno organizzato qualcosa a pagamento? Perché devo pagare per fare una cosa che tutto sommato posso più o meno fare gratis per conto mio? Tanto è uguale. Al massimo apro Wikipedia e mi leggo due cose.

Oppure forse tutto questo è solo una scusa. Una scusa per giustificare la mancanza totale di interesse per un certo genere di eventi e di tipologia culturale. Forse si tirano in ballo tutte queste cose solo per “giustificare” la non partecipazione. Tutti, dal cittadino all’amministratore, si riempiono la bocca con le classiche frasi fatte “potremmo vivere di turismo” o “dobbiamo puntare sul turismo”, ma poi, praticamente poco o nulla viene fatto.

Non ne faccio una colpa, soffriamo purtroppo di un senso di inferiorità che si è sedimentata negli anni. “Ma che ci viene a fare un turista qui? Che viene a vedere? Che ci sta?” Non ditemi che non avete mai sentito, almeno una volta qualcuno fare un discorso del genere. Ecco sta qui la differenza con Orte.

Alcune associazioni stanno tentando di scardinare questo modo di pensare, lavorando sodo per cambiare la percezione del territorio ciociaro, prima di tutto negli stessi suoi abitanti. E siccome stanno lavorando molto bene i primi risultati iniziano a vedersi. Ma basta improvvisarsi. Basta vivere alla giornata. Ringraziamo queste associazioni che ce la stanno mettendo tutta, alcune davvero virtuose e che stanno proponendo modelli molto interessanti. Supportiamole, siamo noi stessi artefici del futuro turistico della Ciociaria.

Chiediamo progettualità, organizzazione, lungimiranza. Deve partire da noi, dal basso, questa richiesta. Siamo noi che dobbiamo partecipare, supportare, dare un contributo tangibile allo sviluppo. “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, ma chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese” diceva un certo JFK. I modelli da seguire esistono, prendiamo esempio.

Sono stato volutamente un po’ polemico oggi, nella speranza di smuovere i vostri animi! Lasciate un commento, fatemi sapere se l’articolo vi è piaciuto e soprattutto cosa ne pensate di questo argomento! A presto!

giovedì 11 aprile 2019

Davvero un turismo diverso non è possibile?


Il turismo di massa, quando il numero è il dio del turismo

Ciao ragazzi, torniamo dopo una pausa dovuta a (meritate) vacanze e, di conseguenza, carichi di lavoro raddoppiati al ritorno! Staccare la spina era d’obbligo, prima dell’inizio dell’alta stagione turistica, e quindi una bella passeggiata ad Atene è stato il modo per fare un tuffo nella culla della civiltà occidentale e della democrazia.

Non parleremo però di Atene e della Grecia, che non hanno bisogno di pubblicità, ma oggi volevo tornare sulla questione “turismo”.

Visitare Atene mi ha dato la possibilità di passeggiare in luoghi estremamente affascinanti certo, ma mi ha anche dato la possibilità di riflettere sulla gestione, la valorizzazione e lo “sfruttamento” dei beni archeologici e “culturali” in genere. La cosa che mi ha colpito dei luoghi più gettonati della capitale greca (l’Acropoli ed i musei principali per intenderci) è che sono estremamente ordinati. Puliti, caotici ma non troppo, pochissimi venditori abusivi, ordine alle casse per i biglietti, gentilezza del personale, aree verdi tutto sommato piacevoli e ben tenute.

Sicuramente starete pensando: beh è una cosa normale. Risposta: fate un giro al Colosseo o a Piazza san Pietro. Prendete in blocco ciò che ho scritto sopra, ribaltate il senso della frase, ed avrete uno spaccato di vita quotidiana romana. Ogni giorno che vado a lavoro la rabbia è tanta, una stretta al cuore vedere questi luoghi che tutto il mondo ci invidia trattati così.

Cumuli di immondizia, sporcizia, aree degradate sono purtroppo la cornice di questi gioielli. Per non parlare dei venditori ambulanti, non passano più di due minuti che cerchino di vendervi di tutto, dal tour saltafila all’acqua, da cappelli ad aste selfie fino a braccialetti ed oggetti che definire di dubbio gusto è fargli un complimento. Ed il problema non è solo di decoro: parliamo di un giro di affari milionario, pensate al danno economico. L’illegalità domina in questi luoghi, a tutti i livelli.

Maleducazione e comportamenti non appropriati dominano i monumenti. Non voglio nemmeno pensare a chi tenta di portarsi a casa il mattoncino del Colosseo, o chi fa sesso ai piedi del Palatino (i pazzi purtroppo sono ovunque e ci saranno sempre), ma mi riferisco a tutti quei turisti che banchettano nel Colosseo ad esempio, oppure che per fare la foto più bella si arrampicano sulla collinetta di fianco all’Arco di Costantino, transennata ed interdetta, oppure su blocchi e colonne, fregandosene di divieti vari e del buonsenso.

La mia riflessione non è politica, attenzione. Capisco le difficoltà della gestione di un patrimonio del genere. Mi accorgo però spesso che alcune situazioni critiche sarebbero gestibili in maniera semplice e veloce, e ciò mi lascia perplesso. Perché non vengono affrontate e risolte? Se ci ho pensato che non sono nessuno, come mai chi gestisce la cosa non interviene? Sono cose talmente basilari che fanno cadere le braccia. Incompetenza? Interessi nascosti? “A pensar male si fa peccato, ma tante volte...” diceva un personaggio scomparso qualche anno fa. E preferisco pensare questo che pensare che il tutto sia in mano ad incompetenti, perché sarebbe ancora più grave. Forse.

L’altro grande problema è culturale. Si dice sempre che è difficile gestire numeri di turisti così elevati. E ci credo: solo il Colosseo l’anno scorso ha segnato un record di 7 milioni e mezzo di visitatori. Problema: tali numeri non sono gestibili. Come si risolve? Chiunque direbbe “abbassiamo i numeri allora, portandoli ad un numero gestibile”. Viene fatto? Immaginate la risposta.

Siamo la società dei numeri. Serve fare i numeri. Non ce ne frega niente a parte i numeri. Più gente viene e meglio è. Numeri numeri numeri.

Ma è davvero il turismo di massa, il turismo dei 7.5 milioni di visitatori del Colosseo la risposta giusta alla risoluzione dei problemi?

Sto riflettendo da molto sulla questione, e la risposta a cui sono arrivato è NO. Il turismo di massa è la piaga peggiore che ci possa capitare. Beni culturali sfruttati come se fossero attrazioni di un parco giochi, turisti totalmente spaesati che a Roma si chiedono dove sia la torre di Pisa, quando non del tutto disinteressati. L’importante è fare la foto per dire “Ci sono stato”. Leggi e regole infrante per il mito del selfie, da persone che non capiscono il valore di ciò che stanno guardando, e di cui, in fin dei conti, poco o nulla gli interessa. Fare una visita al Colosseo non è la stessa cosa che stare in spiaggia a rilassarsi, ma per molti lo è. Ed ecco che poi tutti i comportamenti più beceri dell’essere umano vengono a galla. Ed ecco chi ti spintona, chi cerca di entrare con una bottiglia di tequila, chi semplicemente si siede sulle scale interne del Colosseo e si addormenta.

E vi lascio immaginare il caos che tale turismo crea. Rumore, sporcizia, immondizia, folla. Una vera bolgia. Deprimente. Una situazione paradossale.

Desolante.

Qualche giorno fa ho accompagnato un gruppo di soci dell’associazione Itinarrando Arte del Camminare (https://www.facebook.com/assculturaleitinarrando/ )ad Esperia (FR), visita guidata di cui parlerò nei prossimi giorni. Una passeggiata di salute. Dai membri del gruppo (estremamente interessati) ai luoghi non massacrati dalla folla, dalla gestione della visita in tranquillità alla mancanza di interferenze esterne.

Voglio fermarmi qui, ho dato vari spunti di riflessione. A questo punto sta a voi pensare a questo tema, di sicuro anche voi avete avuto le vostre esperienze al riguardo. Condividetele con noi, fateci sapere cosa ne pensate. Lo scopo di questo articolo è proprio farvi porre domande. E con una domanda voglio chiudere:
Davvero un turismo diverso non è possibile?