Il turismo in Ciociaria ha potenzialità enormi, noi dobbiamo essere i primi a crederci.
Torniamo dopo la pausa natalizia per trattare un argomento spinoso: il turismo e la valorizzazione, tema dibattuto e che ancora non ha trovato una vera e propria soluzione. Iniziamo con una panoramica sul turismo, con un focus sulla valle del Liri. Finalmente sembra che la valorizzazione di alcune zone della Ciociaria stia iniziando a muovere i primi passi, passando attraverso proposte di fruibilità dei siti e del territorio che mirano ad attirare visitatori non solo da fuori, ma anche (e soprattutto) locali. Uno step che a mio modo di vedere era (ed è) obbligato: come si può parlare di itinerari, valorizzazione, fruizione, turismo, se la quasi totalità della popolazione del territorio pensa “ma la gente che viene a vedere qui?”.
Imprescindibile
quindi far conoscere il territorio a chi lo abita, a chi lo vive ogni
giorno; far loro apprezzare la bellezza che racchiude, le unicità
che lo contraddistinguono dal resto del mondo. Io dico basta: basta
pensare “che ci si viene a fare qui”, basta pensare “ma Roma è
più bella” o “io vado a visitare quel posto o quell’altro
lontano milioni di chilometri tanto qui non c’è niente che valga
la pena vedere”.
Purtroppo
è un retaggio del passato, quando un po’ tutto il Lazio
meridionale, ma in particolare la Ciociaria, veniva visto come luogo
arretrato, popolato da ignoranti, brutto, degradato e chi più ne ha
più ne metta, quando il termine “ciociaro” era usato in senso
spregiativo, e ci si faceva beffe dell’accento “ciociaro”.
I mass media, la televisione soprattutto, attraverso film, programmi televisivi (spesso di dubbio spessore culturale, a voler esser buono) e cronaca nera hanno lasciato nell’immaginario collettivo una idea completamente distorta di queste zone. Purtroppo ancora oggi chiedendo in giro a “non-indigeni” se conoscono la Ciociaria, quelli che ne hanno sentito parlare nella maggior parte dei casi associano i paesi a fatti di cronaca nera, o, nella migliore delle ipotesi, al Frosinone Calcio. Sto semplificando? Forse. Ma vi possiamo assicurare che fino ad ora chi ha risposto riferendosi alla Ciociaria come terra di San Tommaso d’Aquino, oppure dei Monasteri di San Benedetto, o almeno terra di attori del calibro di De Sica e Mastroianni, si contano quasi sulla punta delle dita.
I mass media, la televisione soprattutto, attraverso film, programmi televisivi (spesso di dubbio spessore culturale, a voler esser buono) e cronaca nera hanno lasciato nell’immaginario collettivo una idea completamente distorta di queste zone. Purtroppo ancora oggi chiedendo in giro a “non-indigeni” se conoscono la Ciociaria, quelli che ne hanno sentito parlare nella maggior parte dei casi associano i paesi a fatti di cronaca nera, o, nella migliore delle ipotesi, al Frosinone Calcio. Sto semplificando? Forse. Ma vi possiamo assicurare che fino ad ora chi ha risposto riferendosi alla Ciociaria come terra di San Tommaso d’Aquino, oppure dei Monasteri di San Benedetto, o almeno terra di attori del calibro di De Sica e Mastroianni, si contano quasi sulla punta delle dita.
Forse
sto calcando un pochino la mano. Forse. Ma è desolante, davvero,
sapere che nella maggior parte dei casi un italiano sappia a mala
pena dell’esistenza dell’abbazia di Montecassino e di (almeno)
una parte della sua storia, quella legata alla seconda Guerra
Mondiale, mentre tra gli stranieri con cui lavoro a Roma Montecassino
è, in moltissimi casi, un luogo storico importantissimo nella loro
mente. Ormai quando mi chiedono il mio luogo di origine rispondo
“vicino Montecassino”, e nell’80% dei casi capisco che ho colto
nel segno: riescono più o meno a dare una collocazione geografica, o
quantomeno storica, al posto. Provate a fare lo stesso con un
italiano.
Ma
qui chiaramente entrano in gioco diverse cause, che non starò a
disquisire, perché non è questo lo scopo di quest’articolo. Ciò
che è davvero aberrante però è il fatto che nemmeno chi abita a
poche decine di chilometro da Montecassino (continuo ad usare questo
esempio) conosca l’abbazia o l’ha visitata. La si conosce di
nome. Forse.
Spesso,
davvero troppo spesso, mi sono imbattuto in persone (specifico: di
cultura medio-alta) che non conoscono affatto il territorio, che non
hanno mai visitato le zone in cui vivono, che non hanno idea di cosa
si nasconda nei siti che li circondano. Però hanno visitato le
piramidi del Messico. Molti di loro restano affascinati dalla
scoperta di alcune perle che hanno a pochi chilometri, molti altri
invece non si pongono affatto il problema della conoscenza. Anzi si
riempono la bocca dei soliti luoghi comuni, senza andare a
controllare se corrispondano o meno a verità.
Troviamo
poi una buona fetta di “intellettuali modaioli” che magari hanno
visitato tutte le mostre di fotografia in giro per l’Europa (è
solo un esempio di una tipologia di arte che sta andando di moda,
adoro la fotografia artistica, trovo sia molto emozionante, sia ben
chiaro) ma magari non hanno mai “avuto tempo” di visitare il sito
archeologico a tre chilometri da casa. Il sito archeologico non è
“alla moda”. Non parliamo delle visite guidate, che Dio ce ne
scampi e liberi, un paio d’ore ad ascoltare un tizio che parla…
non è affatto alla moda.
Per
fortuna alcune istituzioni, associazioni culturali, persone di gran
coraggio, stanno portando avanti progetti proprio per sensibilizzare
e far conoscere le bellezze agli “indigeni”, i primi fruitori e i
primi che gioverebbero da un corretto “uso” di questi beni.
Iniziare
un percorso di sviluppo turistico del territorio significa prima di
tutto far conoscere il territorio ai suoi abitanti. È una reazione a
cascata che porta benefici in ogni ambito: conoscere ed amare la
propria terra significa non gettare la spazzatura ai bordi delle
strade ad esempio, voler evitare di vedere le colline bruciate dagli
incendi, assaporare i piatti tipici locali, fare una passeggiata per
uno dei borghi della zona. Non tutti gli aspetti sono riconducibili
al turismo, è chiaro, ma credo che tutti vorremmo vivere in un luogo
meno inquinato, meno sporco, più curato, senza cumuli di immondizia.
Il turismo è solo una conseguenza di tutto ciò. E tutte queste belle cose partono da un unico punto: conoscere ed amare il territorio.
Il turismo è solo una conseguenza di tutto ciò. E tutte queste belle cose partono da un unico punto: conoscere ed amare il territorio.
Grazie all'amico Alessio Calcagni per la foto.
Per chiunque volesse può seguirmi sulla mia pagina Facebook ExpressTour2 e contattarmi per visite guidate.
Ditemi cosa ne pensate
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